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Piazza San Domenico 13 Bologna

Il viaggio dell’eroe nella musica

Premessa

Questo scritto è il frutto di una conferenza di Claudio Naranjo, uno dei maggiori e riconosciuti studiosi dell’“animo umano”, tenutasi il 12 novembre 2011 a Bologna sul tema “Il viaggio dell’eroe nella musica”. Cileno di nascita, parla in italiano. Lo scritto cerca di mantenere in modo quanto più possibile fedele la forma e i termini utilizzati, tralasciando, in alcuni casi, rigidezze stilistiche, il tutto per dare la possibilità al lettore di avvicinarsi il più possibile ai toni della conferenza.

Sono segnalati brani che, se ascoltati, aiutano a rafforzare la comprensione di concetti molto sottili che almeno in parte mi auguro di aver colto.

Dott. Gaetano Barone

La stima e l’affetto che ci lega a Claudio Naranjo è il motivo che vede tanta gente partecipare a questo incontro. Gli incontri di Claudio sono momenti di crescita.

L’argomento sul quale oggi Claudio si soffermerà è la musica; il viaggio dell’eroe nella musica.

Naranjo ha parlato dei rapporti tra musica e carattere in altre occasioni e molte sono le registrazioni che ci guidano con mano tra il tipo di carattere, o per meglio dire l’enneatipo dell’autore, e le caratteristiche della sua musica.

Ore 10.33

Claudio Naranjo, accompagnato da un portatile, siede da solo dietro il grande tavolo della splendida sala, e per prima cosa ringrazia tutti quelli che hanno collaborato affinché tale incontro sia stato realizzato

Ascolteremo in questo incontro le parole della musica.

Due cose m’interessano: il mondo e la musica; mi voglio, adesso, interessare della musica, considerato che in questo momento storico, contrassegnato da una forte crisi, sembra che tutti si vogliano interessare del mondo e anche per questo voglio parlare della musica.

Il crollo dell’ego è difficile.

Il lavoro dell’eroe è lasciare indietro le cose; quando poi si trova qualcosa di veramente d’importante ci si accorge che c’è sempre stata e non  si è scoperto niente di nuovo perché le cose importanti non si inventano, ci sono già, bisogna solo riconoscerle.

L’incontro dell’eroe. In tutte le culture che trattano del mito dell’eroe non si capisce “come” sia trattata sempre la stessa storia comune evidentemente a più culture. È’ facile pensare che sono simili perché è sempre un viaggio interiore. Recuperare la cultura sacra del suono…Il suono è Dio, tutti i suoni possono diventare sacri anche il suono di una moto.

La musica moderna diventa rumore, la vita diventa rumore, si vuole sacralizzare il rumore. Il ‘raam’ come il rombo della moto, in un mantra tibetano rappresenta il suono del partire dell’attivarsi. Questa è una base per intrepretare la musica.

La quinta sinfonia di Beethoven fu definita dai critici rumore, perché usciva  dai canoni musicali; e proprio quando stava diventando sordo, con la quinta voleva perdere la vita. Il suono della fatalità bussa alla porta del destino, lui invece di decidere di togliersi la vita, sceglie di continuare a vivere e risponde alle tre note iniziali che bussano inesorabili, con tre note ugualmente prorompenti come lo è l’ atto eroico. Lo stesso  atto eroico che inizia nella 3 sinfonia come dire: “sono qui, questa è la mia tonalità; si aprono le tende e emerge il tema dell’ eroe. Nella musica tutto ha un significato come scivolare, stare nella rotta, per poi uscire dalla tonalità, ed entrare in un vicolo, subito dopo la luce; è l’ideale che spinge per andare avanti con un atteggiamento combattivo, anche furioso.  

Alcuni racconti che consideriamo infantili, hanno qualcosa di eroico sembrano semplici: c’è una principessa da liberare e l’eroe deve compiere tale impresa.

Nella quinta sinfonia de Beethoven il tema del lavoro interiore prende in considerazione la minaccia della morte e il compito e mettersi all’altezza; è come se il tema iniziale anticipasse la sua vera statura; è un’apoteosi che dice adesso sono pronto.

Inizia l’avventura dell’eroe che con difficoltà affronta la battaglia. L’eroe non è un vincitore, è scacciato, ma riemerge come un cavaliere che va all’attacco alla ricerca del drago .

Questo tema adesso è mutilato, ha perso una parte; e dov’è l’eroe? è schiacciato, paralizzato, i medici gli fanno un elettrochoc ma non si recupera; non è un’impresa  facile, ma ecco che tornano le tre note e l’eroe in pericolo si riprende, recupera e si torna alla parte iniziale,

è come se la vita ritornasse all’origine –processo che troviamo in questa struttura della musica classica: esposizione, sviluppo e riesposizione.

In realtà la riesposizione non è propriamente la stessa: la tonalità è diversa per poi tornare solo alla fine alla tonalità originaria; quindi si capisce di essere tornati a casa. La forma del processo a spirale ci ricorda un processo evolutivo.

La riesposizione ha una variazione nostalgica malinconica elegiaca meno brillante, meno eroica. L’eroe ha vinto ma la conquista non è gloriosa ma nostalgica.

Dopo un periodo fecondo Beethoven cade nel buio e nella desolazione e la nona sinfonia è nella forma di sonata dei quartetti della maturità Beethoven; è un eroe contro tutti.

Giacobbe nell’antico  testamento dice: tu ti chiamerai Israele come qualcuno che ha lottato.

Beethoven non è alla ricerca di qualcosa; nella sua vita c’è molto dolore, suo nipote non farà il musicista come li vuole e ciò emerge chiaramente nel quartetto che il Prof. Naranjo ci fa ascoltare, nel quale si nota un  atteggiamento di pianto molto diverso dall’atteggiamento eroico ascoltato nelle opere precedenti.

Ha volto nell’attività come terapeuta dico che bisogna amare anche nella sofferenza, non chiudersi per soffrire “meglio” ma bisogna allontanarsi dalla rabbia o dalla vendetta per avvicinarsi con molta gratitudine, in tale momento la consonanza tra musica e viaggio interiore si può trasformare in un viaggio di evoluzione personale.

Beethoven si identifica con Prometeo, mente che anticipa che sa prima degli altri ma viene punito perché vuole aiutare gli uomini.

L’eroica sembrava destinata a Napoleone il quale però con il gesto dell’auto incoronazione dimostra troppa autoreferenzialità e per questo non ne è degno.

Un elemento molto comune nella stesura della musica classica è quello delle quattro stagioni: quattro movimenti, come se il musicista sapesse che le stagioni della vita si possono rispecchiare in quella di un sinfonia.

In : “La notte oscura dell’anima”, San Giovanni della Croce, dopo aver incontrato il divino viene preso da un periodo più deludente. Dio ti porta in braccia quando sei piccolo come fa una mamma affettuosa ma da grandi ci si può sentire abbandonati da Dio. La vita è più difficile. Quando è superato l’attaccamento alla vita si vede l’altro dall’alto in un sentimento disincantato e compassionevole.

La porla eroe viene dai greci che si aspettavano più dall’eroe che dagli Dei.

L’eroe è un umano che è arrivato al divino e fa da ponte tra umani e Dei. Gli uomini preferiscono questo semi Dio perché è più simile a loro e per questo si sentono maggiormente rassicurati.

Bach era un retrogrado, già dimenticato nella sua epoca, in quei tempi la musica era solo nel presente perché non poteva essere registrata si stava nel presente musicale. Bach non era alla moda, per dirla con una espressione moderna. La riscoperta di Bach è dovuta a Mandelson un romantico.

Oggi con tempi diversi è entrata la parola illuminazione degli iniziati. Questi autori  erano tanto visibilmente diversi che si è creato una parola per definirli: Geni

Schubert era conosciuto solo per le canzoni folcloristiche: le schubertiane. Ha suonato in pubblico solo una volta ma, non essendo un virtuoso, con poco successo; per lui era difficile suonare la sua musica

Fu Schumann che riprese la musica di Schubert e la rese famosa anche nella opere più classiche. Come Beethoven, Schubert si risveglia proprio quando si accorge di avere una grave malattia che lo avrebbe portato alla morte e fa della musica –che rispecchia questa condizione–  una musica irreparabile (quartetto: “La morte della la fanciulla” che Caudio ci fa ascoltare in sala) che riprende la riflessione sulla morte che deve accettare e digerire in modo tale che diventi anche atto eroico con l’incontro dell’amore. La morte arriva, ha una forma religiosa che si esalta con il canto alla presenza della morte.  

L’opera più famosa di Schubert è la sinfonia incompiuta perché ha solo iniziato il processo della vita che si rispecchia nello svolgersi della trama della sinfonia; infatti, quest’opera ha solo due movimenti; le manca il terzo e anche il quarto.

Schubert scrive 9 sinfonie e molte canzoni tristi, un viaggio d’inverno nella desolazione. Il suo viaggio dell’eroe andava verso la desolazione, superare la dipendenza affettiva.

Parlare di Schubert e dei grandi musicisti della tradizione europea, ci dice che sono grandi proprio perché hanno incontrato qualcosa più grande di loro.

Ci sono vissuti condivisi da molte persone che rispecchiano la nascita come un paradiso o come un inferno. Queste situazioni che si possono sperimentare in particolare stati di coscienza, o meglio in stati di coscienza alterati come quelli che provocano l’uso dell’acido lisergico, ci riportano a situazioni prima della nascita per poi attraversare il canale del parto per giungere ad uno stadio vulcanico. Nel parto c’è sangue, quasi un trauma. Questa tappa vulcanica è simile al viaggio interiore, alle tappe dello sviluppo, ma le tappe importanti della vita sino conosciute solo dall’eroe musicista che le comunica solo attraverso la musica: è l’apoteosi della nascita e della rinascita.

L’arrivo è come arrivare a casa: essere apoteosi dentro l’apoteosi. Ciò nonostante, Schubert viene identificato come l’uomo semplice che il suono dell’organetto riproduce all’infinito, l’apoteosi di una musica ripetitiva.

Non si può fare una musica così potente se la potenza non è dentro.

I musicisti possono essere santi invisibili, la musica può diventare un sostituto di noi stessi. La musica è misteriosa e ineffabile e diventa un sostituto della vita, invece di essere uno specchio della vita. Credo che Beethoven usasse la musica per questo processo. In lui la musica è dedicata a se stesso, all’umano e al duo percorso divino.

Beethoven è come il figlio della trinità. Il figlio che si mette all’altezza del padre, il figlio che si considera come la volontà del padre e non si inginocchia al padre ma lo abbraccia ; non c’è devozione.

Beethoven dice:  “Dio e io lavoriamo spalla a spalla” così anche Michelangelo aveva una fiducia nella sua ispirazione che non era secondaria a nessuno.

Brahms è lo spirito poco conosciuto nel suo tempo, contemporaneo di Wagner e Liszt grande virtuoso che brillava nello scintillio della sua epoca.

Wagner voleva mettere insieme musica e parole . Brahms era fede, viceversa alle forme musicali classiche e per questo non era alla moda.

Wagner era antisemita e con la sua musica ha sostenuto Hitler nella lotta contro la diverisità.

Totila Albert, che considero il mio primo Maestro –prosegue Naranjo– ha riconosciuto le parole nella musica di Beethoven. Credevo che fosse un delirio ma non lo era. Totila diceva che Beethoven era stato il suo maestro, anche verso Brahms ha avuto la stessa esperienza. Brahms era generoso musicalmente invisibile come la continuazione di Beethoven.

Brahms ara umile; sopravviveva con la musica –cosa difficile all’epoca– e finanziava giovani musicisti di talento senza che si sapesse, in anonimato Totila lo considerava un santo invisibile.

Totila e il suo

Brams ha avuto una fase

Schumann scrive di Brahms è arrivato che si aspettava, egli sapeva riconoscere; solo un genio riconosce un genio.

Brahms alla morte di Schumann, che come Nietzsche, ha avuto un incidente fisico, afferma che questo destino non gli permette di mettere nella vita ciò che aveva raggiunto spiritualmente.

Brahms ha scritto tre quartetti e 4 sinfonie e ha  marcato una rottura rispetto alle opere precedenti. Progresso faticoso, scrivere i quattro movimenti che portano la libertà, l’entusiasmo, la vita nuova. Per questo Brahms impiega ben tredici anni a scrivere la prima sinfonia; capiva che non aveva il materiale per scrivere il quarto movimento che trova solo con la morte del padre.

L’inizio della prima sinfonia di Brahms è il frutto della vita spirituale: nascita cosmica, cosmogenesi, la nascita dell’universo, identità con una mente universale.  La più grande nascita, il carattere di questo brano è come il cuore che porta una grande carica e si appresta a partorire una nuova vita.

Finale elegiaco, una riflessione sulla morte come se qualcuno dicesse: “stai in pace”, un  invito alla rassegnazione, un orizzonte, maggiore speranza, senso dell’eternità, la pace dei morti che culmina con un espandersi della coscienza che illumina lo spazio, l’inno del guerriero che si muove nel mondo. Brahms trova la continuazione della 9 sinfonia di Beethoven cose dice e che sa. Egli ha un senso di noi, non solo dell’io, della collettività, ma incarna anche l’aspetto materno della vita e tutte le forme dell’amore.

Beethoven era selvaggio e furioso; nessuno riusciva a stare al suo fianco.

Brahams era più umano; aveva la capacità di farsi piccolo, essere umile. Il segreto della musica di Brahms… Quale era il segreto che voleva che non fosse rivelato non prima di 100 anni dalla sua morte? Quale era il segreto? Brahms concede un’intervista…Quale è i suo segreto, il segreto della sua musica? Brahms risponde con una domanda: Cosa vuol dire amore con la musica ? L’intervistatore risponde che è una metafora ma Brahams dice: “No!”. “La mia musica non è la mia musica, io ho solo la gratitudine di ascoltarla”.

La musica è una forma alternativa alla parola per esprimere un vissuto ancora più efficace. Solo la purezza della morte ci fa condividere questo vissuto. La musica è molto più efficace a trasmettere un vissuto che però è meno comprensibile delle parole perciò mi piace interessarmi a questo.

La critica musicale non va oltre la critica musicale perché non si può narrare. Ascoltiamo Brahms, il finale della prima sinfonia

Con questo ultimo ascolto –sono quasi le 13–, il tempo è volato via come il tocco di una nota.

Naranjo risponde a una domanda proveniente dalla sala su Mozart.

Mozart talento ineguagliabile il Tulku[1] della musica capiva la vita, aveva umore, ma si sentiva solo. La sua musica è allegra anche se la sua vita era ricolma di sofferenza ma ad un ascolto più attento l’atteggiamento leggero della musica diventa una maschera come un clown musicale. Credo che sia il genio più naturale, non si capisce il suo percorso. Credo che lui fosse arrivato già alla nascita ad uno stato di grande illuminazione. Non abbiamo vincoli con le persone che ammirano che ci possa indicare la grandezza della morte.

Wagner è inspirato; è un ego che si gonfia; ho coniato un termine per questo :”la sindrome da inflazione postilluminativa”.

Dante in Vita Nuova dice che la parte che vede lo sviluppo è la parte vecchia di noi, la parte narcisistica, che si accontenta di stare vicino a Dio; la grandezza con la grandiosità, la contaminazione è efficace. Chi sta in contatto con il divino prende solo quando sa, la sinistra non sa cosa fa la destra, nel senso che la parte non virtuosa di noi si prende i meriti della parte virtuosa.

Wagner e il re pazzo avevano fatto un connubio ma a lui non bastava mai, il suo re voleva che la Germania fosse ricordata per i suoi castelli e la sua arte, fino alla morte del re.

Wagner era di una proravia senza limiti.

Credo che la maturità spirituale inizi con l’accettazione. Quando si mette in musica di più. di più, di più, si va verso la nevrosi e l’essenza dell’amore è irraggiungibile. Credo che Wagner abbia avuto delle ispirazioni ma non gli sono servite la guerra, l’ammirazione per il popolo germanico e la nuova musica tedesca.

I Titani [2] sono diversi  dagli eroi perché essi invidiano il divino e si vogliono mettere al  posto degli Dei.

Con questa ultima frase che riprende il tema elegiaco allegorico della conferenza si conclude l’intervento di Caudio Naranjo sul tema del viaggio dell’eroe nella musica.


1 Un tulku è un lama tibetano buddhista, sia monaco che -più raramente- laico, che si considera abbia scelto di rinascere coscientemente invece di giungere, potendolo, alla Liberazione.

[2] I Titani (dal greco Τιτάν, “signore”, plurale Τιτάνες